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Arriva Gerardo: 'Gesù, la vita e l'hip hop'

Arriva Gerardo: 'Gesù, la vita e l'hip hop'
Gira tra le dita il suo nuovo singolo fresco di stampa, Gerardo, e - con aria serena quanto distaccata - riflette: "Vedi, puoi fare le cose per bene e tutto il resto... Stampare un disco con tutti i crismi, vestirti bene e chiamare un bravo fotografo per realizzare la copertina... Ma se dentro non c'è nulla, non c'è niente da fare: quello rimarrà solo un disco, e non toccherà mai il cuore della gente". Parola del re della spanglish music, "rinato" dopo una folgorazione sulla via di Damasco che l'ha portato ad emanciparsi dal latin hip-hop degli esordi per dedicarsi al rap impegnato: questo è Gerardo, ecuadoregno "adottato" da L.A., famosissimo in America Latina come artista e vecchia volpe della discografia yankee (già a&r della Interscope, ora addirittura vice presidente della Univision Music, vero e proprio colosso discografico dedicato al mercato di lingua spagnola). "Avevo successo come artista, ed ancora di più come manager", ci spiega Gerardo per introdurci a "180°", sua ultima fatica in studio, "ma sentivo che qualcosa non andava. Non ero né un buon marito né tantomeno un buon padre, visto che viaggiavo molto ed ero sempre lontano da mia moglie e dai miei figli. Poi pensavo alla mia carriera ed alla mia musica. Mi sembravano ad un punto morto: nel mio rap c'era la vita per strada, e tutto quello che di solito c'è nelle canzoni hip-hop...". E poi? "Poi ho scoperto Gesù. Ho capito che avrei dovuto dare un nuovo senso alla mia vita per andare avanti. Così ho cambiato completamente direzione alla mia esistenza. Ecco il perché dei '180°' del titolo". Ecco quindi che, sbarazzotosi dell'ingrombrante ed edonista bagaglio comune a molti colleghi, Gerardo ha deciso di fare entrare argomenti come presa di coscienza, preoccupazione per le popolazioni indigente e fede nelle proprie rime. Senza, però, la retorica che troppo spesso annacqua i discorsi dei "re-born in Christ": "Con la mia musica vorrei solo far capire ai miei fan che c'è qualcosa di ben più importante che i bei vestiti, le macchine costose e la bella vita. Con questo non critico nessuno dei miei colleghi. Prendi The Game, ad esempio. Io sono di Los Angeles e non c'è niente di più vero di quello che dice. Lì ci sono le pistole, le gang, South Central, la vita 'in the hood' ed il rischio di morire ammazzati guidando nel quartiere sbagliato. Ma io ormai sono cresciuto, ho bisogno di comunicare qualcosa di più: sennò il rischio è quello di essere tutta apparenza e niente sostanza, come purtroppo è gran pare dell'hip-hop mainstream di oggi...". Uno sticker, sulla confezione del Cd, avverte che Gerardo sostiene l'associazione "Sangre de America", istituzione volta alla tutela socio-culturale delle popolazioni indigene latino-americane. "Lì sono le mie radici, ed è naturale che mi prodighi per la mia gente", ammette tranquillamente Gerardo, che non risparmia alcune considerazioni sull'attuale situazione dell'America latina: "Mio padre entrò negli States come clandestino, e - dopo essersi stabilito a L.A. ed avere trovato un lavoro - chiamò mia madre per crearsi una famiglia negli Stati Uniti. Certo, Los Angeles è una città molto dura, ma - del resto - cosa rimane in America Latina? Per un giovane, nessuna prospettiva. Molta violenza, ed un tasso di criminalità altissimo. E soprattutto una grande e disperata povertà. In Ecuador, da dove provengo, la separazione tra poveri (sempre di più) e ricchi (sempre di meno, ma sempre più ricchi) si sta facendo ogni giorno più marcata. Io credo che si possa fare qualcosa per migliorare la situazione, agendo poco alla volta sulla coscienza di ognuno, e rendendo noto a tutti quale siano le condizioni di vita in questi paesi". Per questo Gerardo sta facendo moltissimi concerti in California, sede della maggiore comunità latina negli USA, in sostegno alla sua campagna umanitaria: "Adoro l'Italia, e spero di venire presto a suonare anche qui. Tuttavia, preferisco che i tempi siano maturi: aspettiamo che il disco giri, che la gente mi conosco per quello che sono. Poi si vedrà...".
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